domenica 31 dicembre 2006

Auguri per un fantastico 2007!!

Auguri per un 2007 pieno di novità, desideri realizzati e tanti amici.....



Per gli appassionati, come me, di horror cinematografico vi rimando alla pagina del mio amico Elvezio, con un piccolo resoconto di questa stagione da brividi, basato su un piccolo sondaggio fatto in HM.

Auguri anche per un anno pieno di paura!
G.

sabato 30 dicembre 2006

Il Prestigio del Tempo circolare


Veloce post mattutino, per parlare di una cosa che mi è venuta in mente stanotte...
Ieri sera ho visto The Prestige, di Christopher Nolan. Il film è fantastico, uno dei migliori della stagione e lo consiglio. Parla di magia, di illusione, di ciò che si vede e non si vede, ma ancora di più di ciò che si vuole vedere. I temi del film sono tantissimi, quasi infiniti. E' un film molto complesso, anche se sembra meno intricato dei film precedenti di Nolan... E' un film che usa una tecnica narrativa complessa, ma nell'insieme appare lineare, anche se non lo è in realtà.
Perchè infatti parla anche del Tempo, mostrato in senso circolare. Il prima, il dopo e il durante non hanno molto senso, perché il significato di una cosa non esiste nella dimensione temporale, ma esiste sempre, parola che annulla il tempo.

Il problema è che ci è sempre stata data una visione di un tempo lineare: c'è il prima e il dopo. E' lo stesso discorso per la causa ed effetto. Questa è una concezione del tempo cristiana (non voglio semplificare, il discorso è molto più complesso, perché si parla anche di tempo escatologico). Vediamo quindi il Tempo andare sempre verso un punto ben preciso, ma non è vero. Nello scorrere del tempo c'è qualcosa di ciclico, che torna sempre...ed è molto facile che il punto di arrivo corrisponda al punto di partenza.

Parlerò spesso di Tempo, perché è un discorso che mi affascina e penso sia molto importante nella nostra vita.
Ricordate che il Tempo non è lineare.

Il cinema di Nolan è molto basato su questa concezione particolare del Tempo. Non per altro, è il regista di Memento.
Ancora qualche parola sul film: parla di maschere, finzione, di dedizione e di persecuzione. Film fantastico, meno cupo di Batman Begins, ma più spietato.
Nel film si parla anche di Nikola Tesla, personaggio bizzarro e curioso, scienziato poco ricordato e travisato da molta corrente new age.

lunedì 25 dicembre 2006

Buon Natale!


Filippo Lippi, Madonna con Bambino e due angeli, 1465, Galleria degli Uffizi, Firenze

domenica 24 dicembre 2006

Vigilia


Andrea Mantegna, Adorazione dei pastori, 1451-53 ca., Metropolitan Museum of Art, New York

sabato 23 dicembre 2006

Aspettando un Natale...artistico


Giotto, Natività, 1304-1306, Cappella degli Scrovegni, Padova

venerdì 22 dicembre 2006

Mostre: Mantegna a Padova


Perdonate se scrivo poco in questo periodo, ma sono preso con la scrittura della tesi di specializzazione...e il tempo è poco. Voglio però iniziare brevemente a parlare di arte. Ho intenzione di allestire una piccola galleria personale per immagini, un piccolo "museo virtuale", dove parlare di arte. Senza voler fare il professore e il maestrino, ma solo per dare impressioni e per diffondere un po' di arte in giro... Vorrei parlare di alcune mostre che ho visto ultimamente. La prima è quella su Mantegna, nella sede di Padova. Non ho visto le altre due, a Verona e Mantova, e non so se riuscirò. Le tre mostre cadono in occasione dei 550 anni dalla morte del pittore padovano, morto a Mantova nel 1506. La mostra di Padova è piccolina, e come le altre ospita poche opere del Mantegna, ma fa una rassegna del panorama artistico in città all'epoca dell'attività del Maestro. Logicamente si può dissentire sulla scelta organizzativa, ossia quella di dividere un evento di questo tipo nelle tre città in cui ha operato il Mantegna. Scelta coraggiosa e penso filologicamente corretta. Credo sia intelligente e anche interessante calare la produzione di un grande pittore nel contesto in cui ha operato, mostrando opere di altri artisti. Penso che ciò sia più interessante negli ambienti in cui il Mantegna è giunto da forestiero, Verona e Mantova, in modo che si possa comprendere il rapporto con le botteghe locali e la sua influenza su pittori considerati "minori".

A dire la verità la mostra l'ho vista poco, perché ho avuto la malsana idea di visitarla di domenica. I gruppi di visitatori erano tanti, e le sale anguste peggioravano la situazione. Quindi darei un giudizio negativo sull'allestimento, specialmente per la collocazione dei disegni e la presenza del vetro davanti a molti quadri... E' ora di finirla, il vetro protegge, ma non fa vedere bene il dipinto, specialemnte la tempera su tela.
Dal punto di vista didattico e filologico, mi sembra invece una buona mostra, con qualche passaggio poco spiegato, come l'influenza della cultura fiorentina nell'ambiente padovano dove si è formato Mantegna, condensata in un unico disegno di Antonio del Pollaiolo. C'è però una buona presenza di ottimi pittori, come Marco Zoppo, Giorgio Schiavone e Giovanni Bellini. Non ho ancora visto il catalogo, che penso sia buono.

Consiglio insomma una visita, durante la settimana e non in giorni festivi. La mostra (come le altre due) è stata prorogata al 28 gennaio 2007. Da unire alla mostra, la visita a quello che era uno dei capolavori del Mantegna: la cappella Ovetari agli Eremitani. E' stato fatto un restauro abbastanza innovativo a una parete distrutta dai bombardamenti della guerra, cercando di ricomporre come con un puzzle i dipinti del Mantegna e degli altri artisti. Un pellegrinaggio a un opera perduta, a un capolavoro che continua a vivere al di fuori dal tempo in cui viviamo noi...nella memoria delle fotografie e degli scritti...un capolavoro eterno.



Ps: una visitina logicamente anche alla Cappella degli Scrovegni, per vedere quel geniaccio di Giotto.

Per capire chi è il Mantegna: qui

sabato 9 dicembre 2006

Informazioni su Beck

Questa volta lo si può proprio dire: "Beck is back"!
Penso che tutti sappiano più o meno chi sia questo ragazzotto californiano, che ha così cambiato la musica pop-rock degli anni novanta, sfornando almeno un capolavoro, l'indimenticabile Mellow Gold (1994), che si apre con l'altrettanto indimenticabile Loser, colonna sonora di tutti i losers e di tutti gli anti-eroi di quest'epoca. Beh, chi non lo conoscesse può iniziare da qui, o ancora meglio dal suo sito, iniziando poi ad ascoltare la sua musica.

Il suo ultimo lavoro, The Information, riporta in auge le sonorità stravaganti e anticonformiste che ce lo hanno fatto conoscere e apprezzare. Beck sembra proprio tornato al periodo d'oro dei primi tempi, dopo qualche lavoro poco azzeccato, come Guero (2005).
Non sono naturalmente un critico musicale, ma posso dire qualcosa su qualche pezzo, su quelli che mi hanno più affascinato. L'album si presenta come un'opera completa e compatta, con 16 canzoni di varia lunghezza, che va dai due minuti di 1000bpm agli oltre dieci di The Horrible Fanfare. Tutti i pezzi presentano melodie abbastanza semplici e istantanee, che ti rimangono subito nella memoria e che si fanno canticchiare facilmente. Ma Beck riesce a costruirci attorno sonorità complesse e variegate, usando molti elementi di elettronica, molto basso e tanta chitarra acustica. L'albuma suona quindi bene tutto, ma personalmente prefersico pezzi come
Cellphone's Dead, Nausea, The Information e The Horrible Fanfare.

Da sottolineare la presenza in produzione di Nigel Godrich e l'aggiunta nel cd di video musicali autoprodotti per ogni pezzo. Beck mischia insomma l'originalità a una ricercatezza musicale che non ha bosogno di altre prove.

giovedì 7 dicembre 2006

Alt!

Veloce post mattutino per esprimere tutta la mia delusione per il trattamento che viene attribuito da parte dei distributori italiani a film dal forte valore artistico e cinematografico. La rabbia nasce dalla scarsa distribuzione de Il Labirinto del Fauno, di cui parlerò a breve. Ormai le proiezioni del film stanno scemando, alla terza settimana di programmazione. Il film nel primo week end di dicembre era solo decimo, dopo The Departed (che però è in programmazione da molto) e I Figli degli Uomini, altro splendido film abbastanza ben distribuito ma poco capito.
Ma tale insuccesso è dovuto al film o alla scarsa pubblicità? Pochi trailer in televisione, i manifesti li ho visti solo a Milano, in metropolitana. Pochino per un film che all'estero ha avuto grande successo e che correrà senz'altro all'Oscar 2007 per molti premi, fra i quali miglior film straniero.

E fa male vedere al secondo posto un film come Il Prescelto, che ha letteralmente massacrato l'originale inglese The Wicker Man (1973). Il film con Nicolas Cage è stato distrutto dalla critica ma apprezzato dal pubblico italiano.

Un pubblico di pecoroni?
Forse. Ma è il pubblico che influenza la ditribuzione di un film o è la ditribuzione che influenza il pubblico? Alzi la mano chi non ha visto almeno una volta il trailer de Il Prescelto. Siamo di fronte insomma all'eterna questione.

E non dimentichiamo che fra poco arriveranno i film natalizi, con De Sica, Boldi e compagnia. I film poi si sono moltiplicati, dato che la famosa coppia comica si è divisa. Non era meglio a questo punto per il nostro decoro che rimanessero insieme?

Insomma ver-gogna a un paese come l'Italia, che in questo campo (ma anche in altri) sta sempre più diventando provincia culturale, della peggior specie. Shame on you.

domenica 3 dicembre 2006

La spina del Diavolo

In questi giorni è in sala un film spacciato per horror, ma che non lo è affatto : Il Labirinto del Fauno di Guillermo del Toro. Il film è in realtà una bellissima fiaba per adulti, con effetti speciali che rimarranno nella memoria e una storia che lo farà ancora di più. In attesa di scrivere due righe su questo film, che consiglio caldamente, posto alcuni miei pensieri su un film poco conosciuto, sempre di del Toro, strettamente legato a Il Labirinto, per tematiche, periodo storico e taglio visionario. La recensione è stata pubblicata su Horromagazine, che ringrazio sempre di cuore.


La spina del Diavolo, di Guillermo del Toro, Spagna/Messico, 2001

"Che cos’è un fantasma? Un evento terribile condannato a ripetersi all’infinito Forse solo un istante di dolore Qualcosa di morto che sembra ancora vivo Un sentimento sospeso nel tempo Come una fotografia sfocata Come un insetto intrappolato nell’ambra".


Sangue, lacrime, acqua, un feto immerso in un liquido che sembra ambra… Con queste parole e queste immagini si apre il film di Guillermo del Toro, diretto nel 2001 e uscito nei cinema italiani solo ora. Un film fantasma per troppo tempo, apparso prima in quasi tutto il mondo e da noi dimenticato. Eccone la sinossi: Spagna, 1939, nel pieno della guerra civile spagnola. La storia si svolge in un orfanotrofio situato nel mezzo della campagna iberica: brulla, desolata, arsa dal sole, lontana da tutto, praticamente in pieno deserto. Ma questo povero luogo non è poi così distante dalla guerra, dalle persecuzioni e dalla follia. Ne è prova una bomba inesplosa che giace nel cortile dell’edificio, ormai disattivata. Sembra un ottimo rifugio per tanti bambini, quasi tutti figli di membri della resistenza, ma i loro tutori si accorgono ben presto che nemmeno questo luogo è più tanto sicuro. Le fucilazioni sembrano attenderli fuori dalla porta. Nel frattempo Carlos, appena accolto fra gli orfani, comincia a conoscere il significato della guerra ed entra in contatto con un fantasma che si aggira nella scuola. Questa presenza sembra venire ignorata dagli adulti, mentre i bambini ci convivono e la temono. Il fantasma è apparso subito dopo la caduta dal cielo della bomba, in contemporanea con la scomparsa dall’orfanotrofio del piccolo Santi. Carlos si trova improvvisamente gettato nella realtà più dura — quella della guerra — e nel mondo del soprannaturale, che si manifesta concreto e vero persino alla luce del giorno. Questi due mondi si compenetrano, portando alla scoperta finale della verità. Un film che riappare dopo anni, all’improvviso, come un ectoplasma…e che parla di fantasmi. Se poi si considera che è scritto e diretto da uno dei più promettenti registi del panorama horror e fantastico di questi anni, il punto di partenza è incoraggiante. Guillermo del Toro si è ultimamente fatto conoscere con film potenti come Blade II e Hellboy, successivi a La spina del Diavolo, quest'ultimo girato in Spagna e lontano dalle produzioni americane. Il film si presenta come un horror, ma non rientra pienamente o solamente in questo genere. Le definizioni possono essere diverse, tutte abusate e riduttive: un film fantastico, una storia di formazione giovanile, una vicenda drammatica. Quest’opera è tutto ciò, ma le letture possono essere diverse. Una lettura può essere questa: La Spina del Diavolo è un film sui cinque elementi. Il primo elemento è quello dell’acqua, come suggerito dalle immagini iniziali. L’acqua e in generale i liquidi hanno un ruolo fondamentale nella storia. In un liquido del colore dell’ambra sono immersi i feti nello studio del dottor Casares, un liquido che sembra avere poteri medicamentosi, forse attribuiti solo dalla credenza popolare. Il fantasma al centro della vicenda sembra muoversi costantemente immerso in un liquido, con il sangue che si perde verso l’alto. Il secondo elemento è quello della terra. La fotografia terrea e densa rende perfettamente l’isolamento dell’orfanotrofio nel deserto spagnolo. Nonostante la presenza dell’acqua, il film esprime tutta la concretezza e l’aridità della terra, della polvere. Il terzo elemento è l’aria. Dal cielo cade la bomba, che giace come un’icona moderna al centro del cortile. Il quarto elemento è il fuoco. Ne è emblema ancora la bomba, che sembra spenta e muta, ma che conserva segretamente il proprio cuore di fuoco. Il film si apre con l’acqua, passa poi attraverso il fuoco, elemento fondamentale nella storia, e si conclude nuovamente nell’acqua. Il film appare così come una storia globale, dove la ricorrenza ciclica degli elementi richiama il ciclo della vita e della morte. Ma del Toro riesce a creare un quinto elemento, che è quello spirituale e soprannaturale. Il fantasma entra lentamente in contatto con il mondo dei vivi e il mondo invisibile si fonde con quello visibile, creando una dimensione propria, dove il fantasma e l’uomo convivono e agiscono assieme. In questo mondo trova una propria validità la credenza popolare, rappresentata dalla superstizione che da il titolo al film. Nella cultura spagnola, con il termine "la spina del diavolo" si indica una malformazione che colpisce i bambini alla nascita, che altro non è che la spina bifida. L’elemento soprannaturale è raffigurato anche nella bomba, non solo icona ma vero e proprio elemento sacrale, quasi una santa del Moderno, alla quale i bambini si rivolgono, con la quale parlano e alla quale sottopongono domande e preghiere. Il film che del Toro è riuscito a creare è così un film sul mondo, sul confine labile fra visibile e invisibile. In questo mondo si dibatte l’amore, in tutte le sue forme, che sono tutte espresse: quello poetico, quello platonico, quello disinteressato, quello interessato, quello fisico e brutale. E in ultima analisi è un universo dove predomina la lotta e la violenza, la battaglia del più piccolo contro il più grande e più forte, riassunta magistralmente dall’immagine degli uomini delle caverne che abbattono un mammuth con lance di legno. E i bambini dell’orfanotrofio sono come uomini che stanno uscendo dalle loro caverne.

La spina del Diavolo si presenta così come l’opera di un Autore, ben scritta e perfettamente realizzata. La sceneggiatura è perfetta e completa. Ottima la fotografia e la resa visiva. Una nota di merito va alla raffigurazione del fantasma, fra le più angoscianti e meglio realizzate degli ultimi anni. I fantasmi di del Toro sono lontani anni luce dalle figure spettrali alle quali ci ha abituato in questi ultimi anni certo cinema orientale. Qui più che la paura e il salto sulla poltrona, domina l’angoscia e l’ansia data da una presenza che viene da un’altra dimensione, ma che si sa reale e sempre presente. La bravura di Del Toro è quella di suggerire, come già detto, la costante presenza del soprannaturale anche quando la camera del regista non lo mostra. E proprio qui si vede talento del regista messicano, che ha attinto per dare veridicità alla storia a episodi della propria infanzia.
Una menzione particolare va agli attori, sia bambini che adulti, tutti in parte. Su tutti svetta Federico Luppi, attore argentino che sa donare al suo personaggio un tono poetico e tragico.
La spina del diavolo si collega direttamente a uno dei primi film del regista, Cronos, bellissima storia interpretata sempre da Luppi, che propone una rivisitazione del mito del Vampiro. E i prodotti della sfrenata fantasia di Del Toro fanno ben sperare per il suo ultimo film, El Labirinto del Fauno, atteso con trepidazione. E questa volta, si spera in un'attesa più breve.

sabato 2 dicembre 2006

Le tre stimmate di Palmer Eldritch
P. K. Dick

In un futuro nel quale il mondo sta collassando, anzi si sta sciogliendo per l'innalzamento delle temperature, l'umanità si trascina, divisa fra chi assume una droga non proprio legale, il Can-D, e chi si sottopone a trattamenti per l'evoluzione, unico modo per poter sopravvivere. Alcuni prescelti vengono mandati in perlustrazione in mondi lontani e inospitali, alla ricerca di una nuova patria. Chi è più fortunato può capitare su Marte. Ma all'improvviso torna Palmer Eldritch, spregiudicato affarista che è stato per anni nella galassia di Proxima. E porta una droga nuova...
Scritto nel 1964, questo bellissimo romanzo può essere letto come una autobiografia di Dick. Le esperienze di Dick con svariati tipi di droghe hanno fortemente influenzate certe immagini del racconto, certe evoluzioni della storia. I coloni prendono il Can-D in gruppo, di fronte alle riproduzioni in miniatura di Perky Pat e di una Terra che non vedranno più. Le esperienze psichedeliche sono narrate con una forza immaginativa sbalorditiva e affascinante, rendendo reale il mondo fittizio creato dalla droga. Ma la vitalità fantastica Dick la trasporta anche nel mondo reale, ditruggendo le barriere fra realtà e immaginazione.
E il romanzo parla proprio di questo, del passaggio continuo fra mondi tutti reali e allo stesso tempo tutti fittizi.
Ma è anche un libro che parla di filosofia e di religione. Dick lo fa nel suo solito modo, con estrema semplicità e padronanza, che spesso cade nella banalizzazione e nella massificazione dei concetti. Lo fa però in un modo affascinante, che lascia molto di più di discorsi accademici o di trattati in materia. Dick arriva addirittura a parlare di Dio e della transustatazione, attraverso gli occhi di chi ha fatto esperienza di altri mondi e altri piani di percezione.
Ed è autobiografico anche in un altro punto. L'uomo che Dick raffigura è preda e vittima passiva di una forza a lui superiore e qualsiasi sua azione, data dall'intuito o da facoltà precognitive, lo portano comunque a sbagliare, a fallire. Barney Mayerson, uno dei protagonisti, è una figura estremamente complessa, sempre divisa fra rimorso, rabbia, insoddisfazione e voglia di ricominciare. Alcuni critici hanno visto qui un riferimento da parte di Dick alla propria vita privata.
Insomma, un libro che sconvolge e appassiona, e come al solito porta in una altro mondo retto da spazio e tempo totalmente diversi.
Ok, lo so...sono stato preso in giro da tanti amici (infami!). In diversi mesi, ho scritto solo...due post.
Mi vergogno pubblicamente!
Ma sapete, in realtà è solo uno stratagemma per mostrare come io sia realmente fuori-tempo...e abbia il diritto a scrivere queste pagine! L'ho fatto apposta.
Va bene, dopo la gogna pubblica...si ricomincia.